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Mi chiamo Ludovica

Foto di Camilla Mazza

Di soprannomi ognuno ne ha tanti e io, nel mio piccolo, ne ho avuti infiniti. Forse quello più famigliare è Lolo (da Lullina ma anche dall’assonanza con Bubu/Bobo, mia sorella Beatrice), quello che richiama agli affetti più profondi e sinceri.

Sono nata e cresciuta a Castel di Leva, un quartiere extra GRA di Roma. I miei amici – quelli più lontani ma anche quelli più vicini – hanno, con ironia, soprannominato il quartiere Caserta Nord (alludendo alla distanza che intercorre tra Castel di Leva e il resto del mondo). A me, invece, quella distanza ha sempre affascinato. Anche nelle traversate notturne per tornare a casa; superata la rotonda della Cecchignola inizia una strada buia che, però, d’estate si riempie di lucciole. A molti spaventa, a me ha sempre lasciato senza parole.

Per molti, il mio quartiere è uno dei tanti tipi di dormitorio. In realtà, per certi versi, Castel di Leva ha mantenuto la vocazione di borgata e, a tratti, contadina. Tra le villette a schiera, sono rimasti gli orti, i gallinai e le piccole rimesse private. Casa mia è sempre stata a metà: da un lato la mia famiglia ha provato a mantenere la tradizione di ‘casa sussistente’, così come era casa dei nonni, dall’altro è stata una ‘casa dormitorio’. Il lavoro dei miei genitori, infatti, non è mai stato vicino; entrambi, ogni giorno, hanno dovuto viaggiare per tanti chilometri prima di arrivare alle rispettive sedi e così io e mia sorella. Se le prime scuole sono un ricordo da fiaba, con le maestre inglesi, i compagni che venivano da tante parti del mondo e le passeggiate con nonno per tornare a casa, finito l’asilo, per entrambe sono state scelte scuole decentrate rispetto a casa e così ci siamo anche allontanate dalla realtà di quartiere. 

A partire dai sei anni, è come se fosse iniziata una seconda vita: ogni giorno la scuola a Laurentina (conseguentemente, le amicizie lì) e il nuoto sempre vicino scuola. Tuttavia, vicino casa erano rimasti i nonni e Zia Patrizia (che ci ha cullate nella nostra infanzia). Così, un po’ del quartiere è rimasto nei tardi pomeriggi prima che tornassero mamma e papà. 

Tra le medie e il liceo, poi, un’altra strada ancora, nuove amicizie e nuovi posti da conoscere. Ho iniziato ad uscire tra il Torrino e l’Eur e le amicizie dell’infanzia vicino casa si sono allontanate. Tranne Giulia e Federico, con cui il rapporto si tramutava in amicizia fraterna, così come si stringeva sempre più quello con Sofia e Roberta.

Gli anni del Liceo sono stati altalenanti, seppur curiosa ho trovato con difficoltà la voglia di passare la giornata sui libri. Per fortuna, però, ho avuto docenti instancabili che non mi (ci) hanno fatto restare indietro. E, sempre in quegli anni e in quel posto, il Liceo Aristotele, ho conosciuto alcune delle persone più importanti della mia vita e le amicizie più sincere. Grazie a Patricia, la nostra insegnante di teatro francese, ho trovato in Margherita un’anima gemella. Tra i banchi, poi, ho conosciuto una parte di me, Sara, da cui non sono mai più riuscita ad allontanarmi. Una persona che non è mancata neanche un istante della mia vita e per cui mi impegnerò ad esserci sempre. 

L’università, infine, mi ha portato ancora più lontana da casa: infatti, Villa Mirafiori – la sede di Filosofia della Sapienza – dista circa 30 km da casa. Un’altra città a ben pensarci. Insomma, lì è iniziato un altro percorso e ho conosciuto tante nuove persone, appassionandomi allo studio delle lettere e ai mondi che, alcuni filosofi (in triennale ho discusso una tesi su Hegel, in Magistrale su Simmel e Arendt), hanno descritto. È da lì che mi sono allontanata per la prima volta veramente da casa, da Castel di Leva e da Roma per vivere sei mesi d’Erasmus a Parigi (Paris-IV). Un’esperienza intensa, fatta di continui ritorni a Roma e che mi ha lasciato tanto, compresa la nostalgia. 

Prima di raccontare cosa è per me l’impegno politico, la passione che mi ha portato a frequentare il Partito Democratico per 10 anni (anche se ricordo bene di essere stata una sorta di mascotte ben prima di compiere 10 anni, quando ancora il PD non esisteva), ho deciso di raccontare una parte della mia vita e il rapporto speciale che mi lega al territorio che vorrei rappresentare. 

I giganti che mi accompagnano non sono solo i compagni e le compagne di Partito. Non sono solo le esperienze che ho svolto con i Giovani Democratici. La ragione principale per cui ho accettato di candidarmi come Consigliera del IX Municipio è la vita che mi lega a questo mondo. Sono i ricordi e le avventure che ho trascorso a casa. 

E se vita e politica non possono che andare di pari passo, è giusto per chi non mi conosce e decide di farlo a partire da qui, sapere qualcosa più di me. 

Nelle altre sezioni parleremo di Roma e del nostro territorio, ma anche di viaggi e di studi.

La mia attività politica

Foto di Matteo Oi/ Grafica di Marco Sforza

Nel 2011 mi sono iscritta ai Giovani Democratici. Ero una piccola ragazzina, unica donna tra diversi omoni. Con loro, e grazie a loro, sono cresciuta politicamente, e umanamente. Nel nostro piccolo, abbiamo provato a cambiare il mondo e anche quando tutto sembrava finito, abbiamo continuato, soprattutto perché eravamo insieme.

Senza quei maschi, ormai compagni anziani (come è sempre bello definirli) e sempre grandi, oggi non ci sarebbero tante cose, io per prima. Con loro ho iniziato, ma in tanti altri abbiamo continuato. Siamo cresciuti, a volte abbiamo sbagliato ma poi ci siamo sempre rialzati. 

La nostra militanza è sempre stata segnata dal divertimento e dallo stare insieme. Era un modo di vivere la politica che sentivamo nostro, che ci contraddistingueva e grazie a cui siamo cresciuti, come singoli ma anche, e soprattutto, come gruppo. Siamo diventati gruppo nelle partite di calcetto notturne che facevamo in un parcheggio del Torrino, nelle serate a giocare a risiko a Piazza del Sole, nelle riunioni fiume e nei ritorni insieme dalle Feste dell’Unità. Abbiamo fatto crescere il gruppo nelle feste, la prima organizzata in una serra della Cooperativa Agricoltura Nuova, nei BeerPong del Primo Ponte e nei giochi di Natale. Momenti leggeri, informali, per alcuni poco politici. Per noi, invece, erano essenziali. Avevamo 20 anni e per affrontare con serietà le sfide che il tempo ci poneva (e pone) non dovevamo rinnegare la nostra età.

E così, da gruppo di compagni, abbiamo iniziato a studiare, a formarci su diversi aspetti e tematiche, a costruire le nostre proposte e a mettere in campo le nostre azioni. 

Infatti, dal 2015 ci siamo trasferiti al Laurentino e in quella sede, la storica sezione del Primo Ponte, abbiamo aperto un’aula studio, avviato le ripetizioni sociali, il cineforum e gli incontri per integrare i ragazzi del centro di accoglienza, con il bellissimo quadrangolare di calcetto. Questo è quel che abbiamo creato in questi anni: uno spazio politico inclusivo e aperto. Un’organizzazione giovanile palestra per il partito e da esempio per tutti.

Ho deciso di iniziare il racconto sulla mia militanza non cronologicamente, da quando mi sono avvinata per la prima volta nel 2009, perché se oggi sono qui a scrivere, sono candidata, è grazie ai Giovani Democratici del IX Municipio. È grazie a quel gruppo che mi ha insegnato tanto, mi ha formata nella politica e nella vita e se non li ringraziassi anche qui non sarei io. L’impegno con il Partito è sempre andato di pari passo ma la spinta propulsiva proveniva da lì.

Dal 2009, insomma, ho partecipato alla vita del Partito Democratico pur non avendo la tessera, prendendo parte principalmente ai grandi momenti, ossia manifestazioni, elezioni e primarie. Era un partito diverso da oggi, erano anni diversi da oggi. La stagione del berlusconismo volgeva al termine e le persone avevano una forte voglia di cambiamento. Ricordo ancora la grande manifestazione del 2008 al Circo Massimo per la nascita dal PD (anche se il ricordo più bello è la grande manifestazione della CGIL del marzo 2002) e quella del 2011 con Bersani. In particolare, mi ricordo l’emozione delle dimissioni di Berlusconi nel 2011. Era a Via dei Giubbonari con mia mamma, la mia amica Giulia e tanti compagni. Sembrava la fine di un’era, e in realtà lo era. Pensavamo fosse l’inizio di una nuova storia, peccato non sia stata la nostra. Per analizzare quei dieci anni, ci sarà tempo in questo spazio (o, almeno, mi impegnerò a farlo) ma adesso continuiamo con un altro racconto, quello dei fatti. 

L’impegno con il Partito Democratico di zona è iniziato immediatamente dopo la prima tessera, presa nel 2011 all’indomani dello storico Referendum. Partecipavo con grande voglia ai volantinaggi, banchetti, alle raccolte firme, alle manifestazioni (come quella contro il ponte sul Raccordo). L’impulso proveniva da una tradizione famigliare – i miei genitori si sono conosciuti quando i giovani della FGCI hanno occupato le terre di Castel di Decima, dove è poi sorta la Cooperativa Agricoltura Nuova. La spinta alla partecipazione, all’incontro (spesso anche allo scontro di idee) è come se fosse un impeto interno, una cosa che abbiamo e ci tramandiamo tra generazioni.

Ognuna di queste forze ed esperienze le ho riportate, a partire dal 2016, anche nell’esecutivo del Lazio e poi di Roma dei Giovani Democratici. In quella sede ho potuto approfondire un’altra mia passione, l’istruzione e la formazione. 

Anche in questo caso, sin dal primo anno di Triennale ho iniziato a frequentare un’associazione universitaria, con cui ci siamo occupati tanto di sindacato studentesco quanto di politica universitaria in senso ampio. Dal 2013 al 2018 non c’è stato un giorno in cui non mi sia dedicata a seguire e organizzare il mondo dei Saperi. L’ho fatto nelle campagne elettorali delle università, partecipando ai convegni sul tema, organizzando incontri, aprendo sportelli di sostegno (con uno studio di avvocati) per i giovani studenti di medicina e avviato campagne anche nazionali. Tra i vari temi mi sono soffermata sullo studio della Terza Missione e degli Studenti Part Time (su cui, insieme alla RUN, abbiamo scritto un nuovo regolamento). E negli anni di esecutivo ho provato a portare tutto all’interno di una visione d’insieme. In questo modo e senso abbiamo dato vita e partecipato a Laboratorio Conoscenza, abbiamo svolto le campagne per il CNSU (Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari) e, in particolare, abbiamo partecipato alla stesura della Legge Regionale per il nuovo ente per il Diritto allo Studio e alla Conoscenza.

Sono cresciuta bambina tra i banchetti e i banconi delle Feste dell’Unità e sono diventata donna nelle contaminazioni della mia formazione, nelle persone che ho conosciuto e nelle esperienze che ho avuto l’onore di svolgere. 

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